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Acquerello e inchiostro raccontano il Canal Grande in mostra a Pordenone

Unica al mondo. Riconoscibile per le sue forme geografiche inconfondibili. Gioiello urbanistico e architettonico, guardiano del mare per secoli.

Venezia è stata, nel corso della storia, una realtà a sé stante, diversa da ogni altra città italiana.

Del passato illustre i libri ne raccontano le gloriose vicende storiche e i personaggi misteriosi che l’hanno popolata e resa grande. Ma anche molti artisti sono stati attratti dalla Signora dell’Adriatico, che l’hanno impreziosita e raffigurata nella sua semplice bellezza.

Venezia, la città dei ponti per antonomasia (se ne contano 417), vive sulle sue placide acque e i suoi preziosi palazzi, su di esse, da secoli si specchiano.

Il suo fascino raggiunge però il più alto grado quando si percorre, in gondola o in vaporetto, quella che è stata considerata da molti la strada più bella del mondo, il Canal Grande.

È proprio lui il protagonista delle storie divertenti scritte da Pier Alvise Zorzi e dei palazzi disegnati con grande cura da Pierfranco Fabris. Un progetto parallelo che è esposto, fino a domenica 8 ottobre, nella sede centrale di Credit Agricole a Palazzo Cossetti: l’istituto di credito apre ancora una volta le porte del proprio palazzo alla cultura e alla valorizzazione di un progetto editoriale che ha fatto dialogare scrittura e pittura.

Esposti sul telaio di schienali di sedie decorate con l’elemento anteriore tipico della gondola, i disegni originali di Fabris raccontano visivamente il succedersi incalzante dei palazzi veneziani affacciati sul Canal Grande.

È il caso di partire da una frase di John Ruskin “il Canal Grande dovrebbe disporre di 3200 sedie: ogni metro sedersi e guardare, chiudere gli occhi e sognare” per descrivere quello che uno storico appassionato e un architetto preciso hanno fatto insieme, ripercorrendo le orme lasciate da Antonio Quadri e Dionisio Moretti, i quali, nel lontano 1828, dimostrarono, dopo aver percorso la stessa strada su una gondola, lo splendore del cuore pulsante di Venezia.

Se da una parte Zorzi ci delizia di curiose vicende accadute all’interno dei palazzi veneziani, dall’altra Fabris ci accompagna visivamente nella riproduzione degli stessi, prima percorrendo con il pennello la riva sinistra e poi quella destra del Canal Grande.

Da questa visione si comprende bene come ciò che noi vediamo oggi sia in realtà un’accozzaglia di stili: il succedersi dei secoli, le mode architettoniche in continuo cambiamento, uniti a incendi, demolizioni e all’incuria data dalla caduta della Repubblica e dalle tasse napoleoniche che hanno rovinato gli ultimi patrimoni delle grandi famiglie, hanno comportato una continua trasformazione del tessuto architettonico di Venezia. Nella sua lunghissima storia il Canal Grande ha, infatti, subito continui mutamenti e modifiche: vendite e cambi di proprietà, dovuti allo sfrenato desiderio dei patrizi veneti di ostentare il massimo dello stile, hanno portato ad esempio alla demolizione di numerosi palazzi gotici per erigerne altri in stile rinascimentale.

Quello che vedevano i viaggiatori europei del Grand Tour era, pertanto, molto diverso da quello che possiamo ammirare noi oggi; ed è importante sottolineare anche che la versione presente è ancora in divenire, pronta ad essere modificata, talvolta anche stravolta.

Venezia è sempre stata destinazione turistica e punto di incontro di differenti civiltà, e proprio per il suo essere cosmopolita, è sempre stata molto trafficata. Il via vai sul Canal Grande non è, infatti, un problema esclusivamente contemporaneo: in realtà esso è sempre esistito, soprattutto nel Cinquecento, quando la Serenissima aveva 150.000 abitanti (3 volte quelli di adesso) ed era un vero e proprio centro di scambi commerciali ed economici. A quel tempo è stata perfino fatta una proposta di legge per limitare l’attracco delle barche: basti pensare che fino a quel momento, infatti, il Ponte di Rialto non esisteva e al posto suo c’era un ponte levatoio, dove transitavano anche le galere, che scaricavano le merci sia nel mercato, sia nelle case.

Vivissima e popolosissima, Venezia è sempre stata un luogo romantico e magico, che ha ospitato grandi nomi della letteratura, dell’arte e del cinema. Nei suoi palazzi ci hanno vissuto re, principi, cortigiani, uomini politici e poeti, che l’hanno, a loro volta, vista cambiare.

Dai racconti di Zorzi emergono notizie di gossip e interessanti storie sui palazzi: l’autore, ad esempio, narra del motivo per cui Ca’ Venier dei Leoni, acquistato nel 1948 da Peggy Guggenheim che ne ha fatto un tempio dell’arte moderna e contemporanea, sia rimasto incompiuto al primo piano. Oppure ci racconta di come alcuni palazzi siano passati di famiglia in famiglia attraverso matrimoni, vendite e lasciti. O ancora di come alcuni edifici siano indissolubilmente legati alla storia famigliare dei patrizi che li hanno fatti costruire, modificare, restaurare. Altri, infine, fanno da sfondo per alcune descrizioni biografiche di celeberrimi personaggi veneziani, come ad esempio Francesco Foscari e Pietro Loredan.

Ogni palazzo presenta dunque caratteristiche peculiari e differenti e anche se ognuno è diverso dall’altro, tutti rispettano, invece, la struttura tipica veneziana, che prevede al piano terra i magazzini dove arrivavano le merci e al piano nobile il portego con le stanze ai lati al piano nobile.

I dipinti, accompagnati da alcuni brevi racconti poco conosciuti sulle storie dei palazzi e dei personaggi che li hanno abitati, scorrono anche in versione multimediale nella sala che ospita la mostra, proprio per prendere per mano il visitatore e per portarlo alla scoperta del Canal Grande. 106 palazzi descritti con inchiostro e raccontati visivamente sottolineano come, in realtà, non si conosca mai abbastanza una città: c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, e questo vale soprattutto per i gioielli architettonici di Venezia.

E se qualcuno pensa che con la caduta della Serenissima nel 1797 in mani napoleoniche e con la distruzione degli ultimi patrimoni, Venezia sia giunta alla fine definitiva, si sbaglia: essa è rinata nell’Ottocento, quando i ricchi signori potenti da tutto il mondo acquistavano i palazzi abbandonati e li ripopolavano di arte e di cultura, ed è ancora vivacissima oggi.

E anche se il Canal Grande continua a cambiare, resta il fascino delle sue acque, dove i palazzi si riflettono: uno specchio che illumina una bellezza unica, fotografata qui con il pennello.

 

 

 

 

Giulia Fedrigo

 

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